Sansa di olive
La sansa di olive è un sottoprodotto che si ottiene con la lavorazione delle olive da olio. Fa parte infatti degli scarti dei processi con cui si estrae l'olio dalle olive, che poi vengono comunque riciclati. La sansa è composta principalmente dalle bucce e da quelle piccole parti solide frantumate dal frantoio come i frammenti legnosi del nocciolo oppure residui solidi della polpa.
Comunque questi sottoprodotti in verità non vengono scartati ma sostanzialmente riutilizzati per l'estrazione di un olio, diverso chiaramente dal ricco olio extravergine, ma comunque ricco di elementi benefici. L'industria agroalimentare riutilizza la sansa per produrre comunque un olio destinato all'alimentazione particolarmente in Inghilterra, in inglese chiamato
pomace olive oil, in quanto vi sono numerosi lipidi contenuti nei semi. L'estrazione viene effettuata per mezzo di un solvente. Il mercato principale per questo tipo di olio è quello inglese, e poi a seguire alcuni paesi del nord Europa, là dove la cultura alimentare non dà grande considerazione all'olio d'oliva extravergine e si tende ad acquistare questi prodotti ad un prezzo più basso. Questo comunque non garantisce un mercato ricco per questo prodotto, tanto che in molti oleifici italiani si preferisce lavorarlo come olio combustibile, ovvero carburante da biomasse per le caldaie oppure per la produzione di biogas attraverso la fermentazione anaerobica. Questi tipi di prodotti infatti sono più redditizi in considerazione dei costi di produzione e del poco interesse che i consumatori nutrono verso questo tipo di olio. Vi sono comunque anche degli stabilimenti appositi, detti sansifici, per la produzione di questi particolari oli o altri utilizzi che possono essere fatti con la sansa.
La sansa di olive può avere anche altri utilizzi oltre alla produzione di oli. Infatti la sansa può essere utilizzata sui terreni agricoli come fertilizzante naturale, ma anche nella produzione di generi alimentari come ad esempio i famosi taralli pugliesi. Inoltre serve anche a separare i noccioli dal resto degli scarti che possono cosi subire una seconda pressatura per la produzione di olio.
In questo ultimo utilizzo si ottiene inoltre un duplice scopo; oltre ad un olio di seconda qualità infatti, separando il nocciolo si ottiene un ammendante (un fertilizzante naturale che aggiunge sostanza organica come nel caso del letame) che diminuisce il rapporto carbonio/azoto e la quantità di polisaccaridi e di lignina.
Per quel che riguarda la produzione di combustibile, un grande contributo viene dal nocciolo che è dotato di un alto potere calorico, tanto che può essere sfruttato in luogo della legna nelle caldaie e nelle stufe che utilizzano combustibili di questo tipo. Quindi viene utilizzato per il riscaldamento degli ambienti là dove sono presenti strutture per bruciare questo tipo di combustibile. Il “legno a pellet” è quello generalmente utilizzato ma la sansa sta prendendo piede in quanto costa circa la metà del pellet. Quest'ultimo ha solo un leggero potere calorifico superiore alla sansa, che comunque si attesta a 4.166 Kcal/kg. Questo valore leggermente inferiore è dato dall'umidità del nocciolo vergine che si attesta intorno al 30/40% del peso. Questa differenza rende l'utilizzo del legno o della sansa sostanzialmente uguale in quanto il prezzo inferiore viene compensato da una maggiore potenza calorica del legno. La scelta quindi verte semplicemente su ideologie ecologiche che vedono nel riciclo degli scarti di lavorazione una soluzione all'abbattimento degli alberi. Comunque sono stati messi a punto dei macchinari che riescono a separare l'acqua e quindi ad “asciugare” il nocciolo. Si tratta di centrifughe particolari che possono separare le bucce, i noccioli e la polpa facendo evacuare l'acqua. Si può quindi passare alla pressatura delle polpe e delle bucce separatamente dei noccioli che verranno usati come combustibile.
Dopo la seconda estrazione quindi si ottiene una pasta di olive che puo subire delle ulteriori pressature.
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L'olio di sansa per scopi alimentari viene ottenuto dalla sansa proveniente dalla lavorazione dell'olio di oliva raffinato e di oliva vergine con acidità inferiore al 1%. L'olio ottenuto è di quantità modesta, con circa il 5% del peso totale delle sanse che viene estratto. Quest'olio inoltre non può essere consumato come alimento, in quanto greggio, prima di una raffinazione che dimezzi l'acidità e purifichi l'olio. Inoltre si usa anche mescolarlo con altri oli d'oliva vergine, i quali non devono aumentare di acidità oltre al 1,5%.
Per quel che riguarda la composizione chimica di questi oli risulta essere circa la stessa dei normali oli vergini di oliva, con una maggiore quantità di acido lineleico compreso tra il 9,5 e il 15,5%, e l'aggiunta di acido elaidinico per circa lo 0,2%. Questo acido si trova normalmente nel burro e nella margarina.
Ma per estrarre l'olio dalla sansa bisogna ricorrere a dei solvente chimico chiamato
esano che poi viene separato tramite la filtrazione. Una volta diviso sotto forma di olio la distillazione provvede anche a separare l'esano da questo olio ulteriore, in modo anche da recuperarlo per estrazioni future. Naturalmente questo processo deve essere il più breve possibile.
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