Diraspatrice per uva
Abbiamo visto negli articoli precedenti quanto importante sia imparare a distinguere tra di esse le varie tipologie di vino. Purtroppo in molti sono convinti che basti imparare la teoria, procurare la strumentazione e i locali adatti, un’uva buona, e il gioco è fatto. Invece non è affatto così, perché quando si parla di vino ci sono decine e decine di annotazioni da fare, che procedono di pari passo con lo modalità di produzione che si hanno a disposizione quando si decide di produrre un vino. Si parte sempre dall’uva, senza la quale sarebbe impossibile anche solo pensare di parlare di vino. La qualità dell’uva è un aspetto di importanza non primaria, ma fondamentale e imprescindibile: un buon vino nasce innanzitutto da un’uva di elevata qualità. Quando si tratta un prodotto buono, il vino che ne scaturisce può solamente essere altrettanto buono. Non meno importante è assicurarsi di lavorare in un luogo pulito dove si hanno a disposizione tutte le comodità e la strumentazione per lavorare senza difficoltà. Una cantina pratica ed arredata nel dettaglio, è quanto di meglio possa credere un produttore vinicolo.
Poi si passano in rassegna i vari macchinari, e qui sottolineiamo subito che se è vero che lo strumento per eccellenza collegato alla produzione del vino è il torchio, è altrettanto vero che ci sono articoli che consentono di diversificare la produzione e dare al vino un’impronta chiara e precisa. Data un’uva di qualità, la prima cosa da fare è pigiarla per poi riporla nei tini. La pigiatrice è dunque il macchinario che consente la pigiatura dell’uva unitamente ai raspi. Proprio così: moltissimi produttori realizzano il vino schiacciando in fase preliminare sia gli acini d’uva che i raspi. E poi ci sono altri produttori che invece preferiscono separare le due cose, ovvero schiacciare l’uva separatamente dai raspi, in modo da aver un prodotto più autentico, più vinoso. Ebbene, il macchinario che consente questo tipo di operazione è ormai diffusissimo in ambito enomeccanico e conosciuto con il nome di “diraspatrice per uva” o “pigiadiraspatrice”. Si tratta di un oggetto variabile nelle dimensioni, un po’ meno nella tipologia, che è praticamente obbligata. La diraspatrice ha infatti una grossa vasca metallica adibita al contenimento dell’uva (con i raspi). Nella parte inferiore ha una gabbia sempre metallica dove finisco i raspi dopo essere stati passati in rassegna da un pistone rotante, che schiaccia l’uva e ed elimina la parte lignea automaticamente. Mediante questo sistema, ciò che finisce nei tini è un mosto pulito, autentico, privo di raspi, di foglie e di tutte le parti lignee che, in molti casi, sono indesiderate. Oltre che nelle dimensioni, le diraspatrici variano anche ne prezzo, e per comprenderlo fino in fondo basta recarsi presso un punto vendita specializzato in articoli enomeccanici. Nella maggior parte dei casi, se acquistate un prodotto di questo tipo, potrete anche portarlo via in macchina, in quanto non è particolarmente ingombrante, e il costo varia dai 100 ai 500 euro.
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La cosa peggiore è che molti sono convinti non corra molta differenza tra i due tipi di produzione e, in altre parole, che produrre un vino con o senza i raspi, in fondo sia pressoché la stessissima cosa. Beh, non è così: tra i due prodotti corrono distinzioni obbligate e relative alla presenza dei raspi. Ora, di per sé i raspi non sono una cosa negativa per l’uva, in quanto carichi di tannino, un elemento che riesce a dare un sentore di invecchiato che può risultare anche piacevole. Il problema è la fermentazione. Lasciare il mosto a contatto con i raspi per giorni e giorni, può avere effetti indesiderati che, alla lunga, possono anche essere disastrosi. Il mosto tende infatti a diventare astringente, secco ed acquisire quel sapore ligneo ed aspro che nessuno può ritenere affatto gradevole. Anche perché quando un vino acquista queste caratteristiche vuol dire che è stato fatto invecchiare troppo a lungo ed ha acquisito il peggio dal legno. Va sottolineato anche che l’invecchiamento dei grandi vini avviene in botti di legno di rovere, che danno al nostro prodotto il giusto grado di tannino e quel sentore di invecchiato che, nella giusta misura, può essere anche piacevole. Ma questo è un altro discorso, anche perché i raspi non sono certo di legno di rovere, e comunque l’eccessivo contatto con il legno è solamente un danno per il nostro vino. Il vino senza raspi è tutta un’altra cosa: innanzitutto, può essere considerato senza remore un vino autentico, frutto di uva che se è di qualità può solamente dare soddisfazione. In secondo luogo, il vino deraspato è più armonico, più pieno, più corposo, più vino insomma. Vanta una finezza e una morbidezza inconfondibili. Da non sottovalutare, poi, è il fatto che i raspi contengono decisamente più acqua che zucchero, e tendono quindi ad alterare sensibilmente le caratteristiche organolettiche del nostro vino. I raspi annacquano il vino e annullano senza mezzi termini il potere degli zuccheri.
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