Taglio o cuvee
Un mondo variegato, affascinante e tutto da scoprire, in quanto capace di riservare sorprese piacevoli, ma in generale di fornire informazioni interessanti, grazie alle quali la nostra vita può cambiare colore e, soprattutto, può cambiare il nostro modo di bere, e di concepire il vino, lo spumante e gli affini. Quando si parla dell’enologia, infatti, si allude ad uno degli ambiti più intriganti e forse meno conosciuti tra quelli legati alla gastronomia. Tutti conoscono per sommi capi come si produce il vino, le differenze sostanziali tra vino bianco, rosso rosato, e spumante. Tutti, più o meno, sanno che esistono spumanti dolci ed altri meno dolci, sanno che esistono bottiglie piccole e bottiglie più grandi, ma quanti hanno veramente interesse a coltivare la passione per l’enologia? E quanti vanno alla ricerca dei significati ignorati, riguardo a termini che magari nella vita è capitato di sentire due o tre volte? In queste righe, il nostro compito non è certo quello di realizzare un censimento degli appassionati di enologia e di spumanti, ma piuttosto quello di consentire a questi ultimi di sapere qualcosa in più e far chiarezza su vicende e su parole, che sono da considerare semi-sconosciute.
A cosa si fa riferimento, ad esempio, quando si parla di cuvée? E perché si dice che intercorra una differenza tra “taglio” e “cuvée”? Andiamo per ordine, soffermandoci per primi sul termine di origine francese, estremamente comune in ambito di lavorazione del vino. In particolare, la parola cuvée in relazione a tutte le operazioni di taglio dei vini di cui ci si serve per arrivare a un buon prodotto finito. Vini di diverse annate, ma anche differenti nella provenienza, vengono utilizzati durante la produzione dello Champagne per dare un’impronta specifica allo stesso, ma anche per correggere e bilanciare le imperfezioni del “cru”. Contrariamente a quanto si possa pensare, le bottiglie di champagne non vedono la luce da un unico vitigno, ma sono piuttosto il risultato della miscelazione di vini che variano per annata e provenienza, con lo scopo preciso di arrivare ad un vino armonico e di buon corpo. Generalmente, la cuvée perfetta per la produzione dello champagne prevede l’utilizzo di tre uve particolari: Chardonnay, Pinot Nero e Pinot Meunier. Numerosi viticoltori francesi, da sempre, preferiscono tuttavia servirsi di riserve più vecchie, al fine di nobilitare la miscela. Qualcuno può convincersi che in realtà la bontà di uno spumante, dello champagne nella fattispecie, dipenda sempre e comunque dal vitigno principale, ma questo vorrebbe dire sminuire e sottovalutare l’importanza ricoperta dalla cuvée nella produzione enologica. Quando si parla di vini di questo genere, miscelare insieme le giuste tipologie di vini è un’operazione di importanza fondamentale, che ha senso solo se portata a termine da viticoltori esperti ed oculati. La cuvée è, in altre parole, ciò che rende tale ed inimitabile un grandissimo champagne: le bottiglie migliori, in Italia, in Francia e nel mondo, sono nient’altro che il risultato della giusta miscela. La grandezza di un marchio di champagne dipende principalmente dall’abilità dei suoi produttori di unire in armonia uve di differente provenienza e annata. A questo punto, qualcuno potrà anche pensare: “Beh, alla fine è semplice, basta individuare la giusta miscela e le giuste uve e ripetere le operazioni ogni anno…”. Troppo facile, infatti non è così: non occorre un genio per capire che ogni anno, ogni uva ha una storia differente e sebbene il grado di aromaticità e il tasso tannico sia sempre pressoché identico, con il trascorrere del tempo le caratteristiche peculiari dell’uva variano, pertanto un buon champagne non può essere il risultato della combinazione di una miscela immutabile nel tempo.
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Per farla breve, ogni anno i produttori dedicano molto tempo all’assemblaggio, perché è da questo che dipenderà la fortuna delle bottiglie. Lungi dall’accontentarsi delle uve già utilizzate, spesso si arriva a unire dozzine di uvaggi differenti, scegliendo tra i tipi e le misure giuste e facendo affidamento sull’esperienza e su un’abilità che se non è innata, poco ci manca. Per un profano che si trova a leggere annotazioni di questo tipo può sembrare strano e fare un certo effetto notare la insospettabile difficoltà di un procedimento come questo. Per qualcuno può addirittura risultare difficile da credere, ma è proprio così: per arrivare ad una bottiglia di grande qualità è necessario lavorare sodo e compiere le giuste scelte, sia in ambito di scelta delle uve, che in ambito di lavorazione. Ecco perché il vino, anzi lo champagne nella fattispecie è un prodotto esclusivo e molto più costoso dello spumante italiano: perché richiede lavoro, tanto lavoro, e l’attenta lavorazione di uve che sono annoverabili tra le migliori al mondo.
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