Torchio elettrico per uva
Prima di compiere un lavoro di qualunque tipo, ogni uomo si pone degli interrogativi (almeno, così dovrebbe essere): quale obiettivo devo raggiungere? Come posso fare a raggiungerlo nel miglior modo possibile? C’è una strada che mi permette di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo? Sono interrogativi che possono sembrare ovvii, ma non è così, perché non sempre si hanno il tempo e la lucidità per affrontare ogni ostacolo con la piena consapevolezza. Tuttavia, non tutti gli ambiti di lavorazione sono uguali tra di loro: alcuni mettono a disposizione margini di errore piuttosto abbondanti, altri praticamente non consentono errori di alcun tipo, e richiedono il massimo sforzo sia in termini di tempo che di pazienza, che di impegno fisico. In questa categoria possiamo includere senza titubare l’enologia, perché produrre il vino, più che un passatempo e un hobby, è una vera e propria missione, un impegno capace di portar via intere giornate. Se non ci credete, chiedete pure a un viticoltore, ovvero ad un lavoratore che produce vino: partendo dai semi che daranno la vite fino all’etichetta da applicare sulla bottiglia. Questi vi dirà che al fine di ottenere risultati soddisfacenti, è necessario sacrificare senza remore un’intera parte dell’anno. Ci vuole impegno, abnegazione, passione, sacrificio, e la voglia di migliorarsi continuamente e di non sentirsi mai arrivati. Tutte regole, insomma, che se venissero applicate a tutti gli ambiti, consentirebbero risultati eccezionali.
A questo punto, la domanda è molto semplice: siamo sicuri che in ambito enologico non esistano scappatoie? E’ possibile che non ci siano mezzi e strumenti capaci di salvaguardare le nostre energie e consentirci di raggiungere gli obiettivi prefissati senza ammazzarci di fatica? Ovviamente no, nel senso che gli strumenti che ci aiutano non mancano. Il vino si produce sulla Terra, negli anni 2000: non su un pianeta sconosciuto e in un’epoca dove ancora non esiste il televisore. Dunque, come tutti gli ambiti, l’enologia non è affatto rimasta insensibile al richiamo della tecnologia e dell’industrializzazione. Questo è un principio introdotto da decenni, precisamente con l’avvento della rivoluzione industriale: a partire da quel periodo, la macchina ha cominciato lentamente a sostituire l’uomo, dando a questi la possibilità di ottenere di più, lavorando ed aspettando di meno. Se è vero, quindi, che a livello artigianale – dove non ci sono assilli né l’imperativo di consegne da rispettare – si privilegia ancora una produzione semplice e priva di strumentazioni tecnologiche, è altrettanto vero (e comprensibile) che a livello industriale la macchina abbia preso a poco a poco il sopravvento.
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Tra i tanti macchinari necessari per produrre il vino, quello che probabilmente rappresenta meglio questo passaggio dal vecchio al nuovo, dall’artigianale all’artificioso, è il torchio. Il torchio è quello strumento che consente di fare pressione sull’uva già pigiata e spremere da questa tutto il succo rimasto all’interno. Più di ogni altro, questo strumento rappresenta per antonomasia le macchine utilizzate per la produzione del vino. Come si rispecchia l’avvento della tecnologia nelle caratteristiche di questo macchinario? Si rispecchia precisamente nell’introduzione di oggetti che consentono la torchiatura dell’uva, in maniera semplice e leggera, ma non meno affidabile. Laddove il torchio manuale richiede uno sforzo fisico non indifferente, quello elettrico si alimenta della corrente per portare a termine la medesima operazione. Il torchio elettrico rappresenta il fiore all’occhiello dei cataloghi delle aziende specializzate in enomeccanica, ovvero nella produzione e nelle vendita di macchinari dedicati all’enologia e alla lavorazione dell’uva. Naturalmente, i torchi elettrici variano per dimensione, tipologia e prezzi. Per comprendere a fondo il funzionamento di un torchio elettrico e la differenza che lo separa da quello classico, provate a mettervi davanti agli occhi queste due immagini. Da un lato abbiamo un torchio manuale, all’interno del quale è necessario versare per ogni singola torchiatura una quantità di uva necessaria più o meno riempire la botte fino all’orlo, e su cui è d’obbligo lavorare di gomito al fine di ottenere una soddisfacente quantità di mosto. Dall’altro lato abbiamo un torchio elettrico, che una volta collegato all’alimentazione, lavora a getto continuo: possiamo immettere nella vasca metallica anche piccole quantità di uva, in maniera graduale, e dopo pochi secondi da questa sarà torchiato tutto il liquido possibile. In pochissimo tempo e in seguito ad uno sforzo fisico chiaramente esiguo.
Ci sono, come in ogni caso, vantaggi e svantaggi. Nella prima categoria è impossibile non includere il risparmio in termini di tempo e fatica. Utilizzando il torchio elettrico si impiega circa un decimo del tempo richiesto a un torchio manuale, che pure ha un suo fascino. Lavorare con un macchinario classico e tradizionale dà quel senso di vendemmia e di calore familiare che le aziende vinicole non possono permettersi e, in termini economici, non prevede il consumo di energia elettrica.
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