Uva da vino

Breve storia della vite

Le uve da vino sono quelle uve le cui varietà vengono impiegate esclusivamente, o quasi esclusivamente, per la vinificazione. Nonostante appartengano alla stessa famiglia, la Vitis vinifera, le uve da vino differiscono da quelle da tavola in quanto generalmente molto più acide, in quanto è proprio l'acidità a fornire la struttura al vino. Senza di essa raramente si riesce ad ottenere un prodotto duraturo. La vitis vinifera, comunemente chiamata vite, è originaria del Caucaso, anche se alcuni ne rintracciano le prime testimonianze in Cina. Questa pianta arborea venne lentamente introdotta verso l'occidente in periodi molto antichi, tanto che già nel Neolitico era presente in Europa, quindi già 10 millenni prima della nascita di Cristo. Fin dall'inizio l'uomo comprese l'importanza di questa pianta sia per la nutrizione che per la vinificazione, seppur all'epoca ancora incerta. Infatti non si hanno notizie certe su quante fossero esattamente le varietà iniziali. Ma abbiamo un dato significativo, quello sulle varietà attuali, che sono migliaia. Questo fornisce quale sia la reale importanza di questa pianta, che è stata incrociata fin dai tempi più antichi, in modo da ottenere qualità sempre migliori. L'importanza di questa pianta è sottolineata anche dalla superficie totale occupata nel mondo. Si parla infatti di stime pari a quasi 10 milioni di ettari. Questi grandi risultati lentamente si devono a partire dal 6000 a.C., quando la vite fu addomesticata probabilmente nell'area della Mezzaluna fertile. Altri vogliono che la prima domesticazione sia avvenuta in Cina. Ma ancora in queste culture non vi era una tradizione ben radicata del vino. Questa grande cultura enologica moderna si deve essenzialmente a tre popoli antichi: i Fenici, i Greci e i Romani. Ai primi si deve una diffusione a scopo commerciale in tarda epoca del bronzo in tutto il Mediterraneo. Ai secondi si devono le prime sperimentazioni e i primi incroci, con un tipo di agricoltura di stampo scientifico. Ai terzi si deve il commercio intensivo in tutta Europa, che ha fatto di questa pianta e del suo vino, fin dall'antichità, la bevanda alcolica per eccellenza.

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Le uve analizzate

In epoca antica le varie differenze tra varietà di vite erano dovute a incroci del tutto spontanei, ma a partire dai Greci e dai Romani, iniziarono ad essere praticate le prime sperimentazioni e tentativi di incroci. Come detto oggi le varietà sono migliaia, ma risalendo nel tempo grazie alla tecnica del DNA oggi è possibile risalire alle origini di tutte le specie.

Cosi sappiamo molte più cose sulle singole varietà. Tra le più importanti, lo Chardonnay è forse il più famosi. Oggi sappiamo che questa varietà diffusa ormai ovunque è un incrocio spontaneo tra il Gouais Blanc e il Pinot, entrambe di origine burgunde. Allo stesso modo oggi sappiamo con certezza quel che fu sospettato da molto tempo per quel che riguarda lo Zinfadel californiano. Questi è in realtà il Primitivo pugliese che fu trasportato in California nel XIX secolo. Quindi il DNA conferma la leggenda che vuole le etichette delle talee perse durante il viaggio in mare. Comunque il testo di riferimento a questo proposito è stato realizzato da Sean Myles dopo uno studio su più di mille varietà. Lo studioso ha attinto materiale dalla vasta collezione universitaria, stabilendo che le varietà che si possono definire non geneticamente simili sono solo 500 circa, mentre le altre sono tutte strettamente imparentate fra loro. Alcuni di loro sono parenti molto stretti, tanto che molti tipi di vite possono essere considerati dei figli genetici della stessa pianta. Lo studio ha mostrato delle rivelazioni sorprendenti, come ad esempio tra il Merlot e il Cabernet Franc, risultati parenti molto stretti. Quest'ultimo ha una stretta parentela con il Sauvignon da cui si è originato il Cabernet Sauvignon.


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Uva da vino: Le uve del nostro paese

uva da vinoIn moltissime occasioni abbiamo visto come le uve italiane siano per lo più autoctone, e originarie del nucleo originale importato dai Greci ben sette secoli prima di Cristo durante la loro prima colonizzazione in Italia. Come detto nel primo paragrafo furono i Greci a dare il via alle prime sperimentazioni, di cui poi i Romani raccolsero il testimone. Ma contrariamente alle uve francesi, che si sono diffuse negli ultimi secoli, le uve italiane hanno subito meno gli effetti della moderna enologia. Paradossalmente infatti le uve italiane sono state importantissime fino al Cinquecento, per poi passare lentamente il testimone alla Francia. Ma questo le ha salvate da numerose contaminazioni, in quanto proprio negli ultimi secoli si sono affinate tecniche e procedure di clonazione. Inoltre la grande pubblicità avuta delle uve francesi ha fatto si che queste venissero usate e manipolate in tutto il mondo. E nemmeno fra loro le uve si sono incrociate. Questo ha permesso alle uve italiane di conservare identità e purezza. Sono pochissime quelle incrociate tra loro. Non lo sono ad esempio i vitigni bianchi dell'Italia centrale. Tra i rarissimi incroci vi sono il Negro Amaro, risultato un clone del Nebbiolo Dronero, e parente anche del Sangiovese. Il Nerello calabrese ha paretele di primo grado con il Sultanina rosè. Infine sembra che l'Uva di Troia sia imparentata con il Plavac Mali della Croazia, aprendo cosi un dibattito sulla sua origine finora presunta greca.



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