Uva per vino
L'uva per il vino deve avere determinate caratteristiche, diverse da quelle dell'uva da tavola, in quanto la vinificazione richiede presenza di acidità e zuccheri in quantità diverse per ottenere il giusto equilibrio nel vino. Non basta infatti fornire zucchero per la trasformazione in alcol, ma bisogna ottenere anche la giusta acidità affinché il vino sia non solo bevibile in tavola ma anche durevole nel tempo. Infatti è sostanzialmente l'acidità che mantiene la struttura del vino durante un arco di tempo lungo. Anzi, più alta è l'acidità più lunghi sono i tempi di invecchiamento, tanto che alcuni grandi vini di questo tipo sono praticamente impossibili da degustare giovani. Se prendiamo ad esempio i Vins Jaunes de Jura francesi, vini dal grande invecchiamento, questi non possono essere bevuti per i primi 10 se non 15 anni di vita, tanto sono acidi. Sono molti i vini che devono subire un affinamento per essere ammorbiditi, ma una volta subito questi esprimono fantastici aromi e sapori che rappresentano spesso il meglio che si possa reperire sui mercati. Ma anche nei vini giovani vi è bisogno di un certo grado di acidità per supportare sia la struttura che dare una certa bevitabilità per il consumatore durante i pasti e non trasformare il vino in un succo di frutta alcolico.
Le uve bianche per la vinificazione vengono allevate da tempo immemorabile anche se inizialmente i vini prodotti erano quelli rossi. Sicuramente fra le più antiche utilizzate vi è il gruppo dei Moscati. Molto famoso ad esempio è il Moscato di Alessandria, noto in Sicilia come Zibibbo, che era conosciuto già in epoca egizia. Molte altre uve erano note tra gli antichi Romani ma fu con il Settecento che i vini bianchi iniziarono ad acquistare delle posizioni di rilevanza sul mercato, anche se mai hanno superato i fatturati dei vini rossi. Le uve italiane hanno sempre avuto un ruolo molto importante nell'enologia mondiale fino alla fine del Rinascimento, quando l'Italia perse molti dei suoi primati. Fu la Francia ad avvantaggiarsene e le sue uve bianche (ma anche rosse), divennero le prime uve globali della storia. Il Sauvignon e lo Chardonnay divennero ben presto delle uve non solo molto famose, ma anche presenti a partire dal secondo dopoguerra anche nell'Oceania, in Sudafrica, e nelle Americhe. L'Italia solo a partire dagli anni 80 è riuscita a riguadagnare quella stima e quella fiducia del mercato globale, grazie a 20 anni di introduzione delle politiche di protezione con le denominazioni di origine controllata. Se da un punto di vista del consumo interno le uve italiane non hanno mai incontrato grossa concorrenza da parte delle uve estere fino al dopoguerra, a partire da questo momento le uve italiane hanno subito per qualche decennio l'importazione e l'impianto delle uve classiche francesi, in particolare le solite Chardonnay e Sauvignon. Ma sempre a partire dagli anni 80, anche se le uve francesi non hanno perso terreno, le uve italiane hanno recuperato sui nuovi impianti, con tutta una serie di rivalutazioni.
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Le uve rosse hanno storicamente avuto lo stesso sviluppo delle bianche per quel che riguarda il dualismo Francia-Italia. Naturalmente hanno avuto più fortuna fin da subito delle uve bianche, in quanto fare vino rosso è sempre stato più facile in quanto la macerazione e fermentazione di questi acini richiede meno precisione, caratteristica del tutto normale nei secoli passati. Le uve italiane furono certamente le protagoniste dell'antichità, dominanti nell'Impero Romano, e strettamente derivanti dall'importazione greca, fondamentale per l'enologia della nostra penisola. Ancora oggi la grande maggioranza delle uve rosse (e bianche) del Meridione sono di origine ellenica.
Al nord sono molte le autoctone, che mai hanno varcato i confini regionali mentre il centro è dominato dal grande Sangiovese. Nel complesso le uve rosse in Italia sono state meno interessate dalla concorrenza delle uve francesi, che sono presenti per lo più nel nord est con il Pinot Noir e il Merlot. Meno presente il Cabernet. Il resto è un insieme di uve autoctono spesso di eccellente qualità. Infatti oltre al grande Nebbiolo e ai Supertuscans, le uve rosse italiane in generale stanno guadagnando sempre più i favori degli esperti anche con quelle varietà prima poco conosciute. Ne è un esempio il Primitivo, prima chiamato anche in Italia Zinfandel solo perché questo nome era conosciuto come sinonimo di qualità anche se in realtà nascondeva il vero Primitivo pugliese.
Altre grandi uve sono ormai considerate di livello internazionale come il Corvina con cui si vinifica l'Amarone, ormai molto conosciuto. Stessa sorte per l'Aglianico che oramai sta producendo dei vini talmente complessi da essere paragonati ai grandi Bordeaux. Anche per le rosse il panorama mondiale è dominato dalle uve francesi e italiane, con la Spagna che si sta affacciando nell'ultimo decennio con le sue uve.
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