Uva vino

Un po di storia

L'uva da vino è il frutto del genere vitis vinifera appartenente alla famiglia delle vitis che viene generalmente coltivata in Europa, e da un secolo anche nel resto del mondo, per ottenere quelle che sono chiamate bevande spiritose con il nome di vino, di almeno 10 gradi volumetrici in alcol, di colore bianco, rosso o rosato, ottenute per fermentazione dal mosto delle uve.

La sua storia in verità sembra partire dalla Cina, dove testimonianze archeologiche hanno riportato alla luce resti fossili appartenenti al V millennio avanti Cristo, utilizzati per la nutrizione.

La ricostruzione degli ampelografi ci porta ad ipotizzare che la vite sia originaria proprio della Cina o del Caucaso, da dove poi si sarebbe lentamente trasferita verso l'Europa attraversando prima la Mezzaluna Fertile, l'antica Mesopotamia, fino ad approdare sul bacino mediterraneo di Levante, in Grecia, sulle coste africane ed infine in Italia. Da qui durante la dominazione romana venne introdotta in tutta l'Europa conosciuta, a partire dalla Francia, oggi paese leader con la nostra penisola della produzione di vino.

È molto interessante constatare come da una crescita esclusivamente selvatica di poche specie, l'uva da vino si sia lentamente ma costantemente evoluta in un genere che oggi arriva a comprendere più di 1000 specie diverse, rappresentando probabilmente il gruppo più numeroso di varietà nel regno vegetale. Dallo stato selvatico iniziale del V millennio a.C. a quello domestico si presume siano passati almeno 4000 anni. È ipotizzabile infatti che i primi conoscitori e consumatori di uva fossero dei semplici raccoglitori-cacciatori che si limitavano a raccogliere le bacche selvatiche di questa pianta senza però tentarne la domesticazione. Nella sua lenta introduzione verso l'Occidente i vari popoli cominciarono a piantarne i semi o a metterne a dimora i tralci, ma senza una specifica conoscenza e selezione della varietà. Fino al 1000 a.C. infatti il vino prodotto era derivante da qualsiasi specie capisse, e la vera evoluzione ed accelerazione nella coltivazione delle uve e la conseguente produzione di vino di deve a tre popolo principalmente, che determinarono il grandioso successo: i Fenici, i Greci e i Romani. Nel contatto con i popoli mesopotamici e con gli Egizi infatti l'uva non riscosse un successo di primo piano come avvenne invece per la birra, probabilmente preferita perché più dissetante in zone semi-desertiche. Arrivati però sulla costa mediterranea di levante, nell'attuale Libano, la diffusione dell'uva per la produzione di vino subì una forte accelerazione grazie ai Fenici, esperti navigatori e commercianti, che iniziarono ad introdurla in tutto il bacino marino. Si deve infatti a loro l'inizio della coltivazione in Sardegna, solo per citare un esempio di casa nostra. Se i Fenici furono i protagonisti della loro diffusione nell'Europa meridionale, ai Greci invece dobbiamo le prime vere selezioni varietali, e le prime domesticazioni sperimentali e tecniche di grande rilievo, con studi sulla crescita e sui risultati qualitativi che portarono ad una serie di innovazioni come la potatura differenziata per specie. Infine vi furono i Romani che con il loro dominio e i loro traffici commerciali intensi e sviluppati fecero del vino uno delle merci principali non solo dell'antichità, ma di tutte le epoche tanto che oggi questa produzione è di fondamentale importanza in molte aree del mondo. Successivamente furono fondamentali i monaci della chiesa cattolica, sparsi in centinaia di monasteri ed abazie a conservare la cultura del vino fino a quando il Rinascimento e il mercantilismo anglosassone non introdussero lentamente le nuove rotte e strategie commerciali, che portarono l'uva da vino anche in Sudafrica, nelle Americhe e in Australia e Nuova Zelanda. Il resto è storia dei giorni nostri, con le uve francesi che nel corso del Novecento hanno colonizzato molti luoghi del pianeta, in quanto molto reputate, seguite solo ora da qualche varietà italiana.

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L'uva da vino oggi

Come detto oggi l'uva da vino si divide in tantissime varietà, più di 1000, che si sono sviluppate nell'arco di circa 3000 anni grazie ai continui interventi dell'uomo che ha creato numerosi cloni naturali, mentre molti altri si sono autonomamente evoluti adattandosi all'ambiente in cui sono stati introdotti. In particolare vi sono alcune specie che mutano spontaneamente abbastanza facilmente, come ad esempio il Pinot, di cui si hanno numerose varietà derivanti dalla specie originale, il Noir. Queste adattandosi, mutano molto rapidamente, ed è questo uno dei motivi per cui nella moltiplicazione si preferisce sempre sfruttare la talea. Con questa tecnica si ottiene un clone esatto della pianta madre, ponendolo al riparo dalle mutazioni genetiche. Questo consente chiaramente di ottenere dei vini molto simili nel corso del tempo, anche se le variabili climatiche continuano a variare ed incidere sulle annate, ma sempre mantenendo della caratteristiche generali inalterate.

Delle moltissime specie alcune sono considerate nobili in quanto qualitativamente molto superiori alle altre. Sono stati i francesi naturalmente a promuovere questa sorta di elezione aristocratica, ed a ragione, avendo nel loro territorio delle uve da vino decisamente di grande pregio. Tra le nobili spiccano il grande Chardonnay, l'ottimo Pinot Noir, il Riesling, il Sylvaner, anche se decaduto. E molte altre. Ma anche l'Italia non è da meno con il suo Sangiovese, con il grande Nebbiolo o l'ottimo Aglianico. Il gap tra le uve italiane e quelle francesi si è molto assottigliato negli ultimi decenni, grazie ad una politica di protezione verso i vini che il paese transalpino aveva avviato ben 60 anni prima del nostro paese.

Le denominazioni di origine controllata infatti sono di grande aiuto per ottenere coltivazioni delle uve che seguano delle regole qualitative in modo da ottenere ottimi vini.

Infatti la varietà da sola, per quanto comunque importantissima, non garantisce qualità se non adeguatamente coltivate seguendo delle regole che variano da specie a specie. Prendendo ad esempio lo Chardonnay, questa uva ha un'altissima qualità se mantenuta entro rese di 6 tonnellate per ettaro, e successivamente la sua qualità inizia a decadere anche piuttosto velocemente.

Mantenere le rese entro un certo limite, in particolare per le uve molto vigorose, è essenziale se si vogliono ottenere ottimi vini, anche se a discapito di una produzione più elevata. Vi sono chiaramente dei compromessi per prodotti meno qualitativi e più massificati. I vini più pregiati cercano di mantenere le rese entro le 10 tonnellate per ettaro, mentre per produzioni maggiori con qualità più basse si arriva fino alle 15 tonnellate per ettaro.

Naturalmente oltre alla potatura vi sono altre tecniche che fanno parte dei cosiddetti sistemi di allevamento, in cui le esposizioni solari sono ad esempio fondamentali, in relazione al tipo di uva.


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Uva vino: Le tecniche di coltivazione

La coltivazione delle uve è quindi uno degli aspetti fondamentali per la produzione di vino, oltre alle caratteristiche climatiche del territorio.

Generalmente con sistemi di allevamento si indicano tutte le componenti della manutenzione della vigna, comprese le tecniche per l'esposizione solare. Tutte queste dipendono sia dal clima che dalle esigenze delle uve.

Uve che mal sopportano il caldo, come ad esempio il Pinot Noir, dovranno essere protette dalle eccessive esposizioni e generalmente non coltivate oltre il Po. Altre uve invece, come il Piedirosso, non sopportano il freddo e non andranno coltivate al nord.

Comunque le esposizioni solari vengono gestite attraverso vari sistemi, che lasciano crescere le uve in determinate posizioni in modo da ricevere più o meno sole.

Un esempio è il classico tendone pugliese dove per proteggere i grappoli dal sole, attraverso dei pergolati ed apposite potature, si fa in modo che le foglie ricoprano la parte superiore e proteggano i grappoli al di sotto di esse. La pergola invece si addice ai climi freddi ed è una sorta d'inversione del metodo precedente. Infatti si cerca di far salire i grappoli in alto anche se al tempo stesso si cerca di lasciare la giusta esposizione alle foglie, organi fondamentali per i processi di fotosintesi e costruzione degli zuccheri per gli acini. Poi c'è ad esempio l'alberello, ideale per i climi caldi, perché riduce le superfici della vite in modo che prenda meno sole possibile.

Chiaramente poi vi sono tutte altre caratteristiche da tenere in considerazione oltre a queste. Sempre in relazione alle potature si possono scegliere varie soluzioni per determinare il numero di gemme non solo da far crescere nell'anno in corso, ma anche per l'anno successivo.

La natura del suolo è un'altra considerazione da tener presente. Il suolo europeo ha dei forti connotati calcarei, vista l'orogenesi del continente, e quindi la vitis vinifera, al contrario di quella americana, sopporta bene il calcare. Questo elemento inoltre è fondamentale nella produzione del vino in quanto aiuta a fornire il prodotto di acidità, elemento essenziale per il mantenimento del vino. Poi vi sono altre caratteristiche geologiche che aiutano ad arricchire il vino di aromi. Generalmente si possono ottenere degli assiomi tra gli aromi e la natura geologica del suolo. Un suolo vulcanico in genere, ricco di minerali, rifornisce di aromi il vino, mentre un suolo granitico riesce a caricare il vino di colore. Un suolo sabbioso aiuta le uve che patiscono l'umidità a drenare l'acqua in eccesso, mentre i ciottoli, i classici sassi tondi delle rive del fiume, aiutano a riscaldare le vigne immagazzinando il calore del sole durante la giornata per rilasciarlo nel corso della notte.

Chiaramente vi sono uve poco adatte all'umidità così come vi sono uve che non solo la sopportano molto bene, ma ne ricavano anche giovamento. Con 1000 e passa varietà di uva insomma, vi sono moltissime variabili da tenere in considerazione quando si parla di uve da vino.



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